Tavoli di lavoro: commercio al dettaglio non food

Liquidità, protocolli per lavorare in sicurezza, sostegno economico e tecnologia digitale sono fondamentali e sono urgenti.

Sono da fare ora ed  è già tardi, queste alcune considerazioni emerse dal tavolo di lavoro su Commercio al dettaglio non food.

Se la fase 1 ha focalizzato tutte le energie migliori del nostro Paese per affrontare l’emergenza sanitaria, la fase 2 dovrà mettere a disposizione le stesse energie per la situazione economica e sociale. In particolare la terapia intensiva dovrà essere per settori come la ristorazione, il turismo e il commercio al dettaglio.

Innanzitutto dobbiamo focalizzare il tema delle micro imprese che operano a Parma. Nel settore del commercio al dettaglio, per quanto concerne i commercianti in Italia sono circa 830.000 di cui 183.000 come commercio ambulante, dati  giugno 2019  fonte UnionCamere a cui aggiungere  anche un’altra categoria classificata come artigiani, ma che si pone in una situazione ibrida ovvero parrucchieri e barbieri, in Italia ce ne sono 104.849 al 30 marzo 2020, sempre dati da UnionCamere.

Con questa premessa si deve immaginare cosa ha significato il lockdown da coronavirus ad esclusione del settore alimentare che ha continuato la sua attività, per una vastissima area produttiva rappresentata da lavoratori autonomi che non possono contare su ammortizzatori sociali e che hanno ricevuto (non ancora tutti) un contributo di 600 euro, queste persone sono senza incassi dalla fine di febbraio, ZERO ENTRATE! Le spese invece ci sono, affitti bollette famiglia figli, ecc.

Per fare ripartire il settore del commercio sono necessari i clienti e i clienti devono sentirsi sicuri.

I Protocolli di sicurezza che stanno già per essere stilati dalle associazioni delle categorie economiche  devono essere “calzati” sulle singole attività cercando di non farne  gravare eccessivamente il peso economico su realtà che sappiamo essere già in forte difficoltà utilizzando ad esempio un’autocertificazione con la quale l’operatore commerciale dichiara il protocollo a cui è in grado di attenersi. Saranno fondamentali le verifiche e i controlli per garantire la sicurezza di operatori e clienti, con ammende e chiusure in caso di inosservanza delle norme di sicurezza.

La riapertura si presenta quindi con ulteriori difficoltà per gli investimenti inevitabili per implementare la struttura organizzativa e adeguarsi alle norme di sicurezza sanitaria e ancora la mancanza di incassi adeguati per avere la sopravvivenza.

 L’offerta di finanziamenti a tasso zero con garanzia dello stato al 100% di fatto propone un ulteriore indebitamento a situazioni che sono già fortemente provate e indebitate e da qui la perplessità del sistema bancario ad erogare “sulla parola”, la domanda che si pone: ci saranno ancora queste micro aziende fra due tre anni? 

Non si può quindi che pensare per poter ripartire alla necessità di un finanziamento a fondo perduto, il 25% del fatturato dell’anno precedente sono 3 mesi di incasso,  all’azzeramento delle imposte per il 2020 e della contribuzione INPS. Questo è’ il minimo che si possa immaginare per categorie che incassano giornalmente ciò che serve loro per vivere. La crisi nel commercio anche a Parma non nasce oggi, ma ha radici già a partire dagli anni ‘90, la nascita dei centri commerciali degli outlet ne hanno sancito l’inizio per arrivare ad oggi dove a fine anno le chiusure superano le aperture ovunque.
Per i commercianti che sono in affitto ci dovrebbe essere una moratoria per i canoni di locazione estendendo il credito d’imposta anche per i prossimi mesi, ripristinare per gli affitti commerciali il contratto d’affitto con il canone concordato con sconto imu e la cedolare secca che consentirebbe canoni più bassi. Le attività che riapriranno avranno forzatamente una attività ridotta e di conseguenza si dovrebbero ridurre anche i costi di gestione, affitti, utenze, consulenze, tasse rifiuti, plateatico.
Incentivare l’uso della moneta elettronica senza fare pesare sui commercianti gli oneri dell’intermediazione bancaria, combattendo anche in questo modo l’abusivismo.
Occorre anche uno sforzo per smuovere la pigrizia digitale del settore e incentivare l’uso dell’on-line non solo per le per la vendita ma anche per vere e proprie vetrine e  tour virtuali nei negozi con la possibilità di prendere appuntamenti per gli acquisti, puntando sulla qualità della manifattura italiana e la sostenibilità ambientale delle produzioni.

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